DEEP DOWN WHERE THE HEART BEATS NO MORE
DEEP DOWN WHERE THE HEART BEATS NO MORE
RISI, GIULIO
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Condition: New, UPC: 8845021609632, Publication Date: 09/15/2009, Type: COMPACT DISC, Style: POP/JAZZ,
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description

tracks

Aria
Passati Presenti
Pay me peanuts but let me play
Deep down where the heart beats no more
Song for C.B.
Passati Presenti
Calipsocongo
Piano & Bit - Il cuore e il fiore
La Fata
Just to let you know
Ladder from heaven

notes

Fabrizio Ciccarelli per "Jazzitalia":

Tradurre in note le parole, o tradurre in parole le note, operazione simile per Giulio Risi, tanto che si sarebbe tentati di argomentarne i pensieri proposti nel booklet: il pianista ha in animo un'opera che possa incorporare più forme d'arte assieme, musica oltre la musica, foto in forte chiaroscuro, notturne, d'improvviso lampi di luce come sussulti interiori. Giulio dice:"provo difficoltà a scrivere di ciò che faccio…questo cd ha accompagnato la mia vita in una fase che ha alternato il tragico al tragicomico…io non riesco a parlare di musica. Riesco forse a farla." Sì, ci riesce, ed è la voce più intima quella che si ode, frammenti di sensibilità che si fanno luce nella meditazione sul pentagramma che è "il risultato di un lungo e fortemente voluto periodo di solitudine. Un arco sabbatico per un necessario confronto con me stesso,con ciò che sono o credo di essere…I brani composti sono un mero tentativo di liberarmi di quelle voci,quelle melodie,quelle armonie che mi hanno attraversato per anni…convinto che qualsiasi cosa noi si crei,lo si faccia per soddisfare l'urgenza primaria di sradicarla dalla mente affinché non ne si sia più tormentati."

Ma siamo qui per parlare di musica, innanzi tutto. Il pianismo di Giulio risulta colto, versatile, creativo; meditato, soprattutto. Il cd è concepito come un viaggio attorno al mondo: dall'Africa di "Aria" al Flamenco di "Walking at the Alhambra", dal Samba ("Deep down") al Bolero ("Passati presenti"), dall'Hip hop ("Piano &Bit") al Be bop ("Just to let you know"). Nell'avventura il pianista è in compagnia di molti e validi musicisti, tra i quali danno prova particolarmente convincente Henry Thomas e Asafs Sirkis, che fanno parte della Band di Risi, Rocco Zifarelli, chitarrista estroso e tecnicamente agile, Gilad Atzmon, sassofonista raffinato e particolarmente congeniale alle scelte estetiche del Nostro.

Le armonie giungono eteree, fluttuanti, animate da una sensibilità molto personale sia quando Giulio s'accosta al multietnico sia quando, in modo poliedrico, più briosamente esibisce prove di diversa complessità, come in "Pay me peanuts". Poi "Song for Carmelo Bene", andamento classicheggiante, i versi di Dino Campana: toni elegiaci ma non banalmente nostalgici, anzi, una memoria felice, un rimando al passato, amplificato dal timbro scelto per le corde. Echi di memoria, lontani, frequenti nell'album di Giulio, ma anche un calipso ("Calipsocongo") in cui prepotenti ed ariose giungono note, prorompenti di vitalità e passione, secondo un fraseggio, un tempo di "lettura" discreta, con una piacevole ironia di fondo, sottolineata dal sax e dagli inserti sia vocali sia strumentali. Echi di memoria, ma anche "Just to let you know", una prova di stile, un post-bop in cui tutti gli artisti possono emergere nei propri assoli, secondo il linguaggio jazzistico più riconoscibile.

L'undicesima track, "Scala dal paradiso in giù (Canzone per papà)": commuove il tocco silenzioso, l'eco intima di qualche notte ventosa in cui dover dare spazio all'anima, uno spazio che non basta mai, che corre alle stelle, alla Luna, nell'"autostrada del cielo" che fugge via ("Stairway from Heaven", il sottotitolo), lontana eppure al Nostro accanto, nell'anima del ricordo, nell'elegia costante e necessaria d'una musica che non conosce pause, letta secondo forme emozionali pacate, luminose, ancora una volta "silenziose", tanto da non poterle mai perdere, anche a cd finito.

Tradurre in note le parole, o tradurre in parole le note, operazione simile per Giulio Risi, tanto che si sarebbe tentati di argomentarne i pensieri proposti nel booklet: il pianista ha in animo un'opera che possa incorporare più forme d'arte assieme, musica oltre la musica, foto in forte chiaroscuro, notturne, d'improvviso lampi di luce come sussulti interiori. Giulio dice:"provo difficoltà a scrivere di ciò che faccio…questo cd ha accompagnato la mia vita in una fase che ha alternato il tragico al tragicomico…io non riesco a parlare di musica. Riesco forse a farla." Sì, ci riesce, ed è la voce più intima quella che si ode, frammenti di sensibilità che si fanno luce nella meditazione sul pentagramma che è "il risultato di un lungo e fortemente voluto periodo di solitudine. Un arco sabbatico per un necessario confronto con me stesso,con ciò che sono o credo di essere…I brani composti sono un mero tentativo di liberarmi di quelle voci,quelle melodie,quelle armonie che mi hanno attraversato per anni…convinto che qualsiasi cosa noi si crei,lo si faccia per soddisfare l'urgenza primaria di sradicarla dalla mente affinché non ne si sia più tormentati."

Ma siamo qui per parlare di musica, innanzi tutto. Il pianismo di Giulio risulta colto, versatile, creativo; meditato, soprattutto. Il cd è concepito come un viaggio attorno al mondo: dall'Africa di "Aria" al Flamenco di "Walking at the Alhambra", dal Samba ("Deep down") al Bolero ("Passati presenti"), dall'Hip hop ("Piano &Bit") al Be bop ("Just to let you know"). Nell'avventura il pianista è in compagnia di molti e validi musicisti, tra i quali danno prova particolarmente convincente Henry Thomas e Asafs Sirkis, che fanno parte della Band di Risi, Rocco Zifarelli, chitarrista estroso e tecnicamente agile, Gilad Atzmon, sassofonista raffinato e particolarmente congeniale alle scelte estetiche del Nostro.

Le armonie giungono eteree, fluttuanti, animate da una sensibilità molto personale sia quando Giulio s'accosta al multietnico sia quando, in modo poliedrico, più briosamente esibisce prove di diversa complessità, come in "Pay me peanuts". Poi "Song for Carmelo Bene", andamento classicheggiante, i versi di Dino Campana: toni elegiaci ma non banalmente nostalgici, anzi, una memoria felice, un rimando al passato, amplificato dal timbro scelto per le corde. Echi di memoria, lontani, frequenti nell'album di Giulio, ma anche un calipso ("Calipsocongo") in cui prepotenti ed ariose giungono note, prorompenti di vitalità e passione, secondo un fraseggio, un tempo di "lettura" discreta, con una piacevole ironia di fondo, sottolineata dal sax e dagli inserti sia vocali sia strumentali. Echi di memoria, ma anche "Just to let you know", una prova di stile, un post-bop in cui tutti gli artisti possono emergere nei propri assoli, secondo il linguaggio jazzistico più riconoscibile.

L'undicesima track, "Scala dal paradiso in giù (Canzone per papà)": commuove il tocco silenzioso, l'eco intima di qualche notte ventosa in cui dover dare spazio all'anima, uno spazio che non basta mai, che corre alle stelle, alla Luna, nell'"autostrada del cielo" che fugge via ("Stairway from Heaven", il sottotitolo), lontana eppure al Nostro accanto, nell'anima del ricordo, nell'elegia costante e necessaria d'una musica che non conosce pause, letta secondo forme emozionali pacate, luminose, ancora una volta "silenziose", tanto da non poterle mai perdere, anche a cd finito.
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